Asilo-infantileUn bambino di appena 4 anni è stato allontanato da un asilo della provincia di Roma perché ritenuto violento, con una motivazione riportata dal verbale del consiglio di classe del 4 marzo 2014, dove è scritto che il bambino dice parolacce, corre in classe, non ascolta gli insegnanti, colpisce con violenza gli altri piccoli e rifiutandosi di stare seduto.

Il provvedimento riguarda l’Istituto Comprensivo Corrado Melone di Ladispoli e la notizia è apparsa sul Messaggero. Il preside e le insegnanti hanno suggerito alla mamma di tenere il piccolo a casa perché il bambino risulta stressato e ingestibile, aggiungendo che non si tratta di una sanzione disciplinare, e che tutto va nella direzione di salvaguardare il bambino, garantendo al sicurezza dei suoi compagni.

La madre dice che il consiglio di tenere a casa il bambino non era stato concertato con i genitori, e neanche con la Asl competente, la quale non aveva riscontrato sindromi particolari, anche perché un bimbo di 4 anni è troppo piccolo per maturare disturbi del comportamento. Tutto quello che appariva un semplice consiglio, si è poi tramutato in una drastica presa di posizione da parte dell’istituto ed il bambino è stato lasciato a casa.

Mettiamoci nei panni della madre che dovrà spiegare al suo bambino che la motivazione è la sua cattiveria, situazione non facile che rischia di alimentare ulteriormente, ciò che solo in apparenza si vorrebbe risolvere. La famiglia teme poi che la sorellina, che frequenta lo stesso Istituto Comprensivo, possa percepire in maniera negativa l’allontanamento del fratellino dalla scuola.

I fatti sono questi, come riportati dalle cronache, e mi astengo da ogni giudizio. La mia è una considerazione generale, la quale prende in considerazione come la scuola sia sempre più diseducativa, e non in grado di integrare le diversità facendole divenire una opportunità.

I bambini e i ragazzi sono sempre più percepiti come un “ammasso” unico, e sempre meno vi è la forza e l’amore per coglierne le differenze e le potenzialità insite in ogni bambino o ragazzo che sia. Essi vengono sempre più visti come un problema, un po’ come un sintomo fastidioso che, come ci raccontano le pubblicità, è un impedimento al regolare svolgersi delle nostre giornate. Allora, invece di coglierne il significato, inghiottiamo qualche pillola colorata per non sentirne l’origine e la responsabilità che comporta.

Con i bambini e ragazzi a scuola si fa la stessa cosa. Essi sono vivaci, corrono, saltano, esprimono vitalità, ed ognuno di loro è alle prese con i propri disagi di una vita tutta in divenire. Invece che cosa facciamo per rendere loro possibile esprimersi per quello che sono, anche in modo imperfetto, cosa che li accomuna ad ogni essere umano? Non potrebbe essere che qualche insegnante mostri qualche disturbo comportamentale, anche per le condizioni nelle quali è obbligato a lavorare?

Invece la società di cui facciamo parte li “tappa”, comunicando loro che così non va bene, che questo non si può fare, ma neanche quello. Ma io vorrei… No! Non si fa! Stiamo diventando adulti insofferenti a tutto ciò che non possiamo controllare. Le paure stanno prendendo il sopravvento ed è difficile non vedere una manovra ampia a questo riguardo, tutto deve essere inibito e reso inerte.

Mah! Saranno tutte le “cagate” che l’essere umano assimila nella più totale indifferenza che produce tutto questo. È comunque sotto gli occhi di tutti il fatto che stia avvenendo una graduale separazione tra le persone, incapaci di andare oltre la loro percezione.

Che dire! Ciò che tende all’unione verrà risanato, ciò che invece viene separato produrrà ulteriore malattia. Partirei da questo, e alla fine non riesco a non esprimere un giudizio, d’altra parte sono umano per fortuna, separare questo bambino dai suoi compagni è stata una violenza, superiore credo a quella che ha agito, meno palese certo, fatta per il suo bene “sicuramente”, ma in questo modo che cosa è stato seminato?

Mi auguro che crescendo sia sostenuto dall’amore necessario affinché non faccia mai ciò che è stato fatto a lui. Speriamo che avendo visto tanta separazione possa essere motivato nella capacità di unire, l’esperienza serve a questo, ad imparare dagli errori, anche quelli altrui.