Sei un genitore? O un insegnante, un educatore, un nonno, una zia .. sei comunque un essere umano?

Io sono educatrice presso la scuola dell’infanzia, faccio il mio lavoro con passione. Nonostante le difficoltà che si possono incontrare nei vari servizi, la mia passione mi spinge ad oltrepassare i vari limiti e andare avanti nel mio lavoro, lavoro che mi permette di crescere insieme ai bambini e imparare sempre nuovi punti di vista, per osservare e conoscere la vita.

Dal 24 febbraio 2020 in Emilia Romagna Veneto e Lombardia i servizi si sono fermati bruscamente, e da lì in poi un grande silenzio sulla parola scuola e bambino in tutta Italia.

Poi sono iniziati i grandi problemi per l’attivazione della didattica a distanza, e da qui si è sollevato un polverone di notizie che riguardava insistentemente il problema della mancanza di integrazione perché un bambino non ha internet o non possiede un computer, e il problema del capire a chi lasciare in custodia i minori, se i genitori continuano a lavorare…

Sono tutti problemi reali, non ne voglio sminuire nemmeno uno, anzi, solo prenderli in considerazione per odine di importanza. In questa situazione, infatti, i bisogni dei bambini della fascia d’età compresa fra 0 e 6 anni, ovvero chi frequenta i servizi nido e infanzia, non sono mai stati presi seriamente in considerazione dal ministero, da un governatore o da un sindaco, come se questi non fossero i problemi principali.

Ma il problema vero è che abbiamo tolto a tempo indeterminato la possibilità a questa fascia d’età di costruire relazioni in presenza tra coetanei, e tra bambini e adulti che non appartengono al loro nucleo familiare!

È proprio vero che “l’essenziale è invisibile agli occhi” citando Il Piccolo Principe, e non voglio apparire romantica, anzi, mi ribolle il sangue nelle vene a vedere come sono considerati in Italia bambini e persone anziane, allontanati dai loro cari in condizioni di terrore che minaccia la propria sopravvivenza e rinchiusi, chi nelle proprie case e chi abbandonato in strutture o ospedali senza i propri affetti.

Una precisazione va fatta, la condizione di isolamento che stiamo vivendo è l’espressione di quello che già stavamo mettendo in pratica prima dell’epidemia, quando eravamo apparentemente liberi, se non altro di ritrovarsi in giro per le città, in Italia o nel mondo, con amici o familiari…

Eravamo rapiti da questi piccoli schermi e dalle loro traduzioni illusorie della vita, eravamo già distanti, prendiamone atto e quando finalmente ripartiremo teniamolo a mente, perché la storia non si ripeta, evitiamo di fare spallucce fregandocene per l’ennesima volta, illusi di aver passato anche questa.

Il problema che tutti viviamo è la mancanza di relazione umana che abbiamo dato per scontato, l’uso della tecnologia deve essere ampiamente limitato alla necessità e non utilizzata a perditempo o come sostituto di un incontro tra esseri umani.

Se questo strumento oggi ha “salvato” l’anno scolastico per i bambini dalle elementari, e a seguire quelle di ogni ordine e grado, per i bambini del nido e dell’infanzia non funziona. Non è adeguato, perché a scuola i bambini possono parlare tutti insieme in modo armonico in un ambiente che accoglie le loro voci dando un ritmo alle parole.

Attraverso lo sguardo o una carezza, l’educatore può interagire con più bambini nello stesso momento, rassicurandoli come pronunciasse “ti ho visto, sono qui..”, con il computer questo non avviene, è una macchina che in un unica cassa converge le voci di tutti in un unica voce caotica, metallica e fastidiosa, lo sguardo dell’educatore non può raggiungere lo sguardo del bambino, perché non c’è vero incontro e interazione. In presenza, il ritmo vitale di accoglienza, di attesa, di ascolto, di partecipazione, è garantito da una carezza, da uno sguardo ad ognuno dei bambini che chiede “guardami”, perché ci si relaziona con tanto di più di quello che possiamo intuire.

Se un bambino ha un carattere più timido, più introverso, stando in un gruppo di coetanei impara da se a emergere attraverso un sostegno fatto di osservazione dell’altro, dell’incoraggiamento dell’educatore che vaglia le possibilità per favorire questo processo educativo attraverso difficoltà alle quali non ci si sostituisce al bambino, ma lo si accompagna in silenzio, in presenza di uno sguardo accogliente e a volte con un contatto fisico che è un ponte dove incontrarsi a metà strada per poter camminare sempre più indipendenti, ma non certo scollegati dagli affetti, dai limiti della nostra coscienza, o dalla paura di sporcarsi o di lasciarsi andare… e sento che dovremmo utilizzare guanti e mascherine? La stessa Montessori definiva la mano l’organo dell’intelligenza, e noi dovremmo rivestirla con un guanto!?

Distanziamento sociale??

La scuola, a qualsiasi età, è fatta di relazioni autentiche tra i bambini, di litigi, di abbracci, di baci, di cadere e di rialzarsi, e l’educatore è lì per servire la vita attraverso la presenza dei nostri 5 sensi, il tatto, l’olfatto, la vista, l’udito, il gusto, l’abbraccio donato, ricevuto, condiviso, spontaneo e amorevole anche quando si prendono calci e pugni per contenere un bambino… le relazioni con i bambini non sono come le nostre relazioni di adulti, dove spesso dietro il sorriso si nasconde il morso della tigre dai denti a sciabola, perché a noi, per la maggior parte, ci hanno educato a smorzare le nostre emozioni..

Vogliamo continuare a rincorrerci in questo purgatorio dantesco, aspettando il vaccino o la cura di vita eterna, o la sicurezza per farci sentire sempre più al riparo da cosa?!! Dalla nostra ignoranza che urla talmente forte, fino a fare emergere la possibilità di educarci alla vita.

Vogliamo cominciare a vivere secondo il rispetto di se stessi per primo, poi dell’altro e dell’ambiente in cui viviamo? Vogliamo finalmente cedere la nostra ignoranza per conoscere la vita e vivere in accordo con la sua legge?

Per l’occasione pandemia ci siamo contornati da esperti che vaglieranno le possibilità di riapertura delle scuole, dovremmo ricordare loro l’essenza dell’educazione?

Se le condizioni dettate dagli esperti sono queste, io cambio lavoro, non insegno a un bambino a togliere il ciuccio e a mettere una mascherina. Che senso ha aiutarlo a raggiungere un autonomia, una sicurezza in se stesso, se poi vado a minare questa possibilità con la paura di un virus? La vita e la relazione non sono le vere minacce, è la manipolazione umana che ha reso così vulnerabile l’essere umano e l’ambiente così insalubre, quindi è l’opera umana che deve cambiare.

Se teniamo in considerazione solo il frutto, la salute, ma senza considerare la terra e il seme, che sono l’educazione e la relazione, non potremo mai ottenere vera salute, ma avremo sempre tra le mani un pugno di polvere.

La salute è data dall’interazione di tutte le relazioni che abbiamo nella vita, sono queste che portano ad educarci. Siamo una coscienza complessa, non possiamo trascurare tutto per un puntino. Ridimensioniamo la paura e ascoltiamo noi stessi, e ridiamo ai bambini la possibilità di costruire quello che per noi oggi è scontato, e teniamolo vivo, anche a distanza e in modo faticoso.

Ridiamo la scuola ai bambini, perché è questa la scuola, un insieme di relazioni di bambini, così ci si educa e si cresce!

Elisa Bussetti per Commissione RIP Educazione