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WhatsApp e Facebook  danno dipendenza. Una tecnologia pensata per sopire le coscienze ci sta schiavizzando giorno dopo giorno. WhatsApp ha da poco superato il mezzo miliardo di fan ed è in continua crescita. Il numero degli utenti di Facebook è ancora più impressionante . Nel mondo vi sono 1,23 miliardi di fruitori del socialnetwork di Zuckerberg. Uno studio pubblicato su ‘ The social science journal’ rivela che oltre la metà dei fruitori dei servizi di messaggistica e similari si dichiarano dipendenti da queste app. Gli intervistati dichiarano di usare il servizio di istant messanging più di 12 volte in un’ ora alla ricerca di contatti sociali, divertimento e informazioni.

Anche nella modalità di utilizzo dei socialnetwork si evidenzia il dominio della tecnologia sulle emozioni. Basta vedere cosa scorre nelle home per notare la solitudine che attanaglia il genere umano. Gli utenti di Facebook riempono la  bacheca con scatti di momenti intimi, foto di familiari ed animali. Le emozioni e i ricordi vengono sempre più donati ad un mondo virtuale che al massimo ti gratifica con un like oppure con un commento positivo. Ciò è il segno di una difficoltà di godere dell’attimo fuggente e di un tentativo maldestro di fermare lo scorrere del tempo. Così l’incapacità di esprimere, attraverso il contatto umano, il proprio mondo interiore trova rifugio in una bacheca ben curata su Facebook.

Cliccare mi piace sulle foto di amici pelosi può nascondere l’incapacità di sorridere al mondo. Anche la ricerca compulsiva di nuove amicizie e di news può denotare la voglia di evadere dalla realtà che deriva dall’incapacità di stare bene con se stessi. Pur non essendo immune dalla solitudine umana cerco di utilizzare Facebook per diffondere le informazioni utili, spero, alla comunità di cui faccio parte. Ricordiamoci che la tecnologia è stata sviluppata per servire l’uomo e non il contrario. Nonostante viviamo in un mondo hi-tech cerchiamo di mantenere la nostra umanità donando le emozioni a chi ci sta intorno. Chi se ne frega se abbiamo una bacheca con pochi “amici”, quello che conta è la presenza nel mondo. Noi siamo ben altro di un mondo virtuale in cui vuole ingabbiarci chi tenta di distruggere l’umanità. L’essere vitali in quello che si fa diviene l’ago della bilancia della felicità. Tutto ciò non si realizza con un clic ma è necessario confrontarsi con la quotidianità attraverso l’interazione “reale” con gli altri.