facebook-web-marketing1Non passa giorno che qualcuno si occupi delle nostre emozioni e non solo, l’essere umano è veramente un soggetto interessante, visto che viene studiato in ogni suo minimo dettaglio, peccato che il fine sia di controllarlo e orientarlo in direzioni sempre meno umane.

La notizia riportata da La Stampa online riguardante esperimenti segreti con le emozioni degli utenti di Facebook è come minimo inquietante. Il famoso social di Menlo Park ha condotto una sperimentazione su quasi 700 mila utilizzatori, alterando in parte le informazioni da loro comunicate per verificare se, anche a distanza, è possibile contagiare emotivamente.

Probabilmente è solo una verifica del buon funzionamento del lavoro che stanno compiendo sulle coscienze umane, perché sapevano bene dove volevano andare a parare. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, in un mondo dove le emozioni sono sempre più bloccate, quale migliore opportunità di un social che ti fa interagire ma in maniera “distaccata”?

Bene, i risultati hanno ottenuto l’effetto sperato, avendo verificato che gli stati emotivi si possono anche trasmettere senza interagire direttamente con le persone, le quali possono essere di buono o cattivo umore, questo secondo i risultati della ricerca pubblicati sulla rivista Proceedings della National Academy of Sciences degli Stati Uniti.

Visto che volevano essere certi, un gruppo di ricercatori e scienziati di Facebook e delle Cornell University e University of California hanno alterato per un’intera settimana, dall’11 al 18 gennaio 2012, l’algoritmo che determina cosa viene mostrato nella bacheca di 689,003 persone, che sono state divise in due gruppi, per un totale di oltre tre milioni di aggiornamenti.

Sono stati creati due gruppi, ai quali venivano mostrati rispettivamente post positivi e post negativi. Il risultato, “strano ma vero” è stato che i due gruppi hanno reagito a loro volta sulla base di quanto mostrato loro, postando negativamente o positivamente a seconda dell’umore che veniva suscitato.

Ma allora è vero che ci controllano, e che abbiamo solamente l’illusione di essere liberi, perché liberi non siamo, ma continuamente stimolati a produrre il peggio di noi… basta guardarsi attorno. Il brutto e il negativo, che ci propongono continuamente, possiedono quindi l’intento di stimolarci a riprodurre a nostra volta queste frequenze, in modo tale da alimentare un contagio che porti a infettare sempre più la vita.

Emozione deriva da “emotus”, ciò che muove il sangue, e sappiamo bene quanto il sangue rappresenti la Vita, quindi che cosa possiamo comprendere, se non il fatto che stanno cercando di controllare e inibire la Vita in ogni sua sfumatura.

In un post pubblico su Facebook, uno dei co-autori dello studio ha risposto alle polemiche che sono state sollevate, ammettendo che le motivazioni della ricerca non erano chiaramente espresse, e che l’intento era di migliorare il prodotto. Adam Kramer ha scritto che i ricercatori, in buona sostanza, volevano studiare l’influenza dei commenti positivi e negativi, temendo che questi ultimi spingano le persone a lasciare Facebook.

Secondo me sono solo esseri alieni all’umanità, i quali stanno studiandoci come cavie da laboratorio, così da dare loro informazioni utili per vendere i loro prodotti. Per fare questo si infilano nelle nostre vite come un virus, il quale, da un punto di vista medico, per entrare nella cellula e modificarne il DNA, ne abbassa la frequenza generando la malattia… più si è tristi e arrabbiati, più ci si ammala… vi ritorna qualcosa?

Ci stanno sospingendo sempre più a coltivare il brutto, tenendoci distanti dalle nostre emozioni, quel fuoco capace di incendiare le nostre vite sino a rischiararle consentendo loro di percepirne la bellezza. Il brutto e il negativo sono imperanti e contagiosi, rendiamoci conto di essere malati ogni qualvolta condividiamo questi aspetti.

Ribelliamoci rimanendo umani, coltiviamo la bellezza e tutto ciò che unisce, solo in questo modo l’umanità potrà risorgere. Usiamo pure i mezzi di comunicazione di massa, ma facciamolo con intelligenza e amore, conservando la nostra natura che non ha bisogno di rapportarsi solo tecnologicamente, ma soprattutto umanamente.

Torniamo a guardarci negli occhi riconoscendo nell’altro una parte di noi, sino a farla divenire una opportunità.