great-barrier-reef-diver-615L’essere umano continua a non prendersi cura del luogo in cui vive, d’altra parte non potrà che raccogliere quanto seminato. Non manca giorno in cui che non si debba prendere atto delle minacce che il nostro pianeta deve subire.

Il Comitato permanente del patrimonio mondiale dell’Unesco, si è riunito a Doha in Qatar il 18 Giugno scorso, comunicando che la Grande Barriera Corallina (Great Barrier Reef), la più grande del mondo e patrimonio dell’Umanità dal 1981, sta accelerando il suo degrado, avendo perso negli ultimi 30 anni la metà del suo corallo.

Le cause sono lo sfruttamento eccessivo delle sue risorse, e il turismo selvaggio che mina l’ecosistema di questo luogo, modificandone l’ambiente. L’Unesco tiene sotto “pressione” l’Australia, vista la sua preoccupazione per lo sviluppo costiero, uno fra tutti l’ampliamento del porto di Abbot Point, per renderlo uno dei più grandi terminal del mondo per l’esportazione di carbone.

Questo progetto dovrebbe comportare il rilascio, sul sito della Grande Barriera Corallina, di 3 milioni di metri cubi di sedimenti dragati. Le preoccupazioni dell’Unesco non finiscono qui, visto che si prevede un aumento del traffico navale intorno alla Grande Barriera Corallina, con conseguente cambiamento climatico che la combustione del carbone potrà solamente amplificare.

Come riportato dal quotidiano online lemonde.fr, malgrado l’Australia sia riluttante ad abbandonare questi progetti, o solamente a modificarli, le ripetute critiche dell’Unesco hanno già avuto un impatto significativo. Il 28 maggio scorso, dopo che 180.000 tedeschi avevano firmato una petizione in tal senso, la Deutsche Bank ha deciso di ritirare il proprio sostegno finanziario al progetto Abbot Point.

L’11 giugno, la banca HSBC che ha sede a Londrae ha fatto lo stesso, e il 20 giugno, anche la Royal Bank of Scotland ha seguito l’esempio loro orme. Questi ritiri inducono a ben sperare, comunica Ben Pearson, direttore del programma di Greenpeace Australia: “Siamo ansiosi di vedere una mossa banca australiana per proteggere il più grande tesoro naturale dell’Australia. ”

Non bisogna smettere di lottare e di far sentire la propria voce, per quanto queste battaglie appaiono estremamente difficili, l’importante è non esserne complici, lottando con tutte le forze affinché l’umanità possa prevalere.

La Grande Barriera Corallina, è composta da oltre 2900 barriere coralline singole e da 900 isole, estendendosi per 2600 km, su di una superficie di circa 344.400 km quadrati, come riportato da wikipedia. La sua collocazione è al largo della costa del Queensland, nell’Australia nord-orientale, talmente grande che può essere vista dallo spazio, rappresentando la più grande struttura fatta di un unico organismo vivente, inclusa nelle sette meraviglie del mondo dalla CNN.

Stiamo parlando di vita, la quale a causa dell’avidità umana rischia di sparire. Le barriere coralline sono un luogo ideale per la nascita degli avannotti, i quali costituiranno le popolazioni dei pesci adulti. Tanto per citare qualche dato reperito in rete, il 20-25% del pesce pescato dai paesi in via di sviluppo vive sulle barriere coralline.

Le popolazioni del pacifico traggono il 90% del loro fabbisogno proteico dalla pesca sulla barriera. In Asia, la vita di un miliardo di persone dipende dal pesce che abita questi luoghi. Si è calcolato che con una corretta gestione delle barriere coralline, un solo chilometro quadrato potrebbe fornire circa 15 tonnellate l’anno di pesce e altro cibo, come riportato dal sito eniscuola.net.

I dati sono inquietanti, ma non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, e l’avidità copre ogni possibilità di buon senso. Il profitto è l’unica cosa che conta, ma d’altra parte gli esseri umani non hanno altra possibilità se non quella di imparare dagli effetti.

La Terra sta mandando i suoi segnali, peraltro inascoltati, ma prima o poi, l’essere umano dovrà rivolgere l’attenzione a Madre Terra, la cui cura rappresenta l’unica possibilità di salvezza.