Sento da un po’ la necessità di rendere un minimo giustizia alla parola “gioco”. Partiamo da una base: gioco è uno spazio che si crea con i suoi partecipanti, grandi o piccoli, è, o forse meglio era, uno spazio di tempo, di emozioni, di fantasia, che andiamo a vivere insieme. Oggi è faticoso ricreare questo spazio spontaneamente e naturalmente, oggi i bambini non hanno quasi più a disposizione il cortile, il giardino, la natura e l’occhio vigile di una società adulta che pensa a loro in modo educativo. A tal proposito rilancio un progetto della commissione educazione “Progetto Giochiamo?” che potete approfondire a questo link: http://riprendiamociilpianeta.it/presentazione-rip-educazione/
Quello che noto oggi, è che il tempo è frettoloso, dettato da scadenze, orari perennemente in ritardo, emozioni rinchiuse e che spesso sfociano in ansie da prestazione e la fantasia non trova spazio per creare le sue immagini, già nella tenera età.
Al gioco poi, in tempi passati ma anche oggi, trova ampio spazio come pensiero, è connotata una valenza di pura evasione dalla realtà, come se fosse il momento di ricreazione a scuola, un momento da dedicarsi per sospendere le attività più serie, oppure il premio “ se ti comporti bene puoi giocare più tardi!”, fino a trasformarsi in giochi tecnologici e solitari, talmente solitari che arrivano all’alienazione. Il gioco non ha più una sua identità è costantemente interpretato con altro.
Invece il gioco è il mondo del bambino, è uno spazio che ricerca per sperimentarsi, per conoscersi, per imparare a condividere gli “attrezzi del mestiere”, che più sono semplici più alimentano una fantasia, oggi ormai povera o indotta attraverso una tecnologia sempre più invadente nel mondo del bambino.
Giocare è lo spazio educativo del mondo del bambino, dove può autoregolarsi all’interno di strutture semplici e chiare, le regole aiutano a creare, conoscere quello spazio. Spesso le regole vengono cambiate da noi adulti per nostra necessità e non per una valenza educativa. In un bambino che gioca solo, magari con le costruzioni, sentirete maggiore calma e concentrazione, sta costruendo una forma che ricerca un equilibrio che troverà attraverso prove ed errori… spesso mi incanto ad ascoltare quel brusio di bello che sta nascendo in quell’opera, da anni pratico la meditazione nella mia vita e associo quella concentrazione che mi insegnano i bambini alla meditazione, è una dolce coccola d’amore e passione quel momento. Capita a volte che noi grandi invece siamo di fretta, non ascoltiamo e interrompiamo una creazione… chiediamogli “scusa”, può succedere, ma facciamo questo piccolo gesto. Anche questo è un esempio educante, compiere un gesto “scusa”, “grazie”, “prego”… ma non pretendiamolo da loro se non fa parte del nostro corredo di gesti e parole. L’educazione comincia da noi grandi per diventare adulti più consapevoli, non perfetti, solo più disponibili al cambiamento.
Siamo abituati a rapportarci con i bambini come se fossero stati un giorno al lavoro e devono aver prodotto un “frutto”, la prima domanda di solito che sento all’uscita da scuola è “cosa hai fatto oggi a scuola?”, poche volte “come sei stato oggi a scuola?”, la vita ha tempi diversi, quel frutto lo manifesteranno da adulti nella vita, il fatto di portare a casa materiale prodotto in quantità non è sinonimo di aver appreso, giocare tanto e avere le mani vuote a sera potrebbe far notare un sorriso ricco di “apprendimento”.
E’ vero in società ci sono regole e tempi da rispettare, se concediamo ai bambini di sperimentare spazi di gioco sapranno riportarle in una nuova società che attende di essere creata.
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