Il Madagascar è minacciato dalla pestilenza delle locuste, una specie di antipasto dell’ottava piaga d’Egitto, che sta mettendo in pericolo il sostentamento di 460 mila famiglie rurali, come comunicato dall’Organizzazione per l’Alimentazione delle Nazioni Unite (FAO), infatti, una moltitudine di sciami di Locusta Migratoria Malgascia, ha lasciato la parte sud-occidentale del paese, dove di solito vive, diffondendosi verso l’est e il nord.
Attualmente il Madagascar è nella stagione secca, clima che generalmente non favorisce la riproduzione delle locuste, ma qui entra in gioco la distruzione delle foreste, che spinge le locuste a cercare nuovi territori nei quali cibarsi. A questo punto, diviene comprensibile la grande preoccupazione, in previsione della prossima stagione delle piogge, che comincerà a metà ottobre, e che potrebbe creare danni ancora più ingenti, visto il clima umido e caldo, una vera manna per le locuste, le quali trovano terreno fertile per riprodursi, anche 4 volte in un anno.
Le locuste non sempre si trovano in sciami, infatti nel Madagascar sud-occidentale, solitamente vivono singolarmente, ma se la densità della loro popolazione supera un punto critico, cominciano a concentrarsi e ad agire sincronicamente, muovendosi per trovare nuove fonti di cibo. L’aumento della densità produce, nelle locuste, trasformazioni fisiologiche e comportamentali, e i mutamenti nei loro corpi consente loro di volare per distanze più lunghe, fino a 100 chilometri al giorno, e di mangiare maggiori quantità di cibo.
Una locusta adulta può consumare al giorno cibo pari al suo stesso peso, circa due grammi. Una parte molto piccola di uno sciame medio mangia in un giorno lo stesso ammontare di cibo di 2.500 persone. Cifre impressionanti, che il Madagascar conosce già dal 2013, eventi che minacciano i raccolti di riso e mais, i quali verranno letteralmente divorati dalle cavallette, alla luce anche delle immagini impressionanti che ritraggono la capitale del Madagascar, Antananarivo, letteralmente oscurata da sciami di cavallette.
Naturalmente, per porre fine a questo flagello, l’uso dei pesticidi diviene, a questo punto, inevitabile, con gravi rischi per la popolazione che dovrà inalare questi veleni, per non parlare del rischio che gli abitanti si cibino delle cavallette, anche se la FAO ha avvertito del rischio, ma si sa la fame è brutta. Le multinazionali gongolano in questi casi, infatti, essendo cavallette a loro volta, si muovono bene in questo ambito, senza volere neppure cercare soluzioni alternative, visto che tutto fa profitto, e gli esseri umani rappresentano un semplice intralcio ai loro disegni.
Probabilmente a tutt’oggi non esiste altra soluzione se non questa, davanti ad una situazione che esige una rapida risposta, per impedire che della povera gente si veda privare del minimo sostentamento a cui può accedere… ma possibile che l’essere umano debba, sempre di più, scegliere tra morire di fame o morire avvelenato?
Questo sta succedendo sulla Terra, ad ogni latitudine, che sia primo, secondo, terzo o quarto mondo, in ognuno di questi l’umanità viene sempre più relegata ad uno zerbino che ognuno può calpestare. La vita in ogni caso è più forte, e saprà riprendersi quanto le spetta, perché se queste cavallette mangiano, quelle nei luoghi di potere, le cavallette che non muovono un dito in favore dell’umanità, si stanno fagocitando un pianeta intero, curando gli interessi di chi vuole spolpare ogni risorsa, i quali non possono che essere alieni a questa umanità.