Gli italiani stanno tornando a lavorare nei campi. Questa estate, complice la crisi, dal nord al sud un esercito di disoccupati si è visto costretto a bussare alle aziende agricole per avere un lavoro stagionale. Però molti di loro hanno avuto una sgradita sorpresa. Chi ha dovuto fare i conti con i caporali si è visto catapultare in un’ Italia vecchia di un secolo dove il benché minimo diritto era negato al bracciante agricolo. Il caporalato impone un ritorno alla schiavitù, viene usato per abbassare il costo della manodopera, sedare ogni possibile sommossa e mantenere sotto il giogo della violenza i lavoratori. Fino a qualche tempo fa i caporali-gangster controllavano operai immigrati adesso ad essere schiavizzati sono gli italiani.
Un’ inchiesta dell’Espresso si è concentrata sulla realtà della Puglia, dove il caporalato controlla una fetta importante dei lavori stagionali nei campi. Fra gli intervistati spicca la storia di Angelo Rasola, un ex panettiere che, dopo aver perso il lavoro in quanto l’imprenditore aveva iniziato a vendere pane industriale, era andato a chiedere di poter raccogliere le pesche. La proposta choc del caporale è stata questa:” 20 euro al giorno, si comincia all’alba per dodici ore. Venti euro in nero, sono seicento al mese. Senza contare i giorni di pioggia che non vengono pagati”.
Di questi tempi come può una famiglia tirare a fine mese con 600 euro. I nostri rappresentanti politici sono i caporali delle mafie che ci governano. Le vicissitudini di Angelo sono un possibile esempio per capire come si insinua il malaffare. La crisi voluta dalle multinazionali costringe un imprenditore a vendere il pane industriale al posto di quello tradizionale. Con il pane chimico-industriale ci perdono gli agricoltori tradizionali, la salute dei consumatori e i lavoratori del forno in quanto viene ridotto il personale, mentre ci guadagnano la grande distribuzione, garantendosi il monopolio, e le case farmaceutiche pronte a “risolvere” con farmaci costosissimi qualsiasi malattia causata da una scorretta alimentazione. Inoltre Angelo, avendo perso il lavoro, può essere sfruttato nei campi come uno schiavo.
Facciamo un passo indietro, riavvolgiamo il nastro e torniamo ad ascoltare quella bella storia di quando in Italia si lottava per una vita migliore. A quei tempi molti italiani scesero in piazza per rivendicare delle condizioni lavorative e sociali più umane e per qualche anno alcuni frutti, seppur migliorabili, sono stati raccolti. Adesso che ci stanno togliendo i diritti più elementari senza che nessuno protesti, all’infuori dei soliti quattro gatti, domani cosa racconteremo a quei bambini che stiamo consegnando nelle mani delle multinazionali deprivandoli del loro futuro. Non è più il tempo di aspettare, bisogna che ci impegniamo in prima persona per riprenderci in mano la nostra vita e l’Italia.