Il primo istinto appena svegli consiste nell'afferrare il cellulare
Il primo istinto appena svegli consiste nell’afferrare il cellulare

Vi ricordate i Borg? La razza aliena presente nella saga di Star Trek famosa perché voleva assimilare tutti avendo l’accortezza di avvisarti prima con la frase “Noi siamo i Borg, voi sarete assimilati, ogni resistenza è inutile”? Proprio quella, con i personaggi provenienti da diverse razze, resi automi e corredati di ogni tecnologia possibile all’interno di un alveare dove la Regina Madre comandava la collettività, impedendo loro una vita autonoma.

Beh non so voi, ma la sensazione che questo pianeta sia oggetto di una invasione che tende sempre di più a farci divenire automi, illusi di avere una vita propria mi sembra quantomeno da prendere in considerazione. Siamo invasi da una tecnologia che implementiamo sempre più nelle nostre vite, ci agghindiamo con tanti strumenti con i quali possiamo calcolare di tutto, controllare i nostri parametri vitali, aumentare i super poteri per vedere meglio e più lontano, sempre connessi come in un alveare nel quale abbiamo solo l’illusione di esseri liberi, ma ormai assimilati.

Basta guardarsi attorno, sempre connessi, ormai in grado di ricevere informazioni anche dalla cintura di Orione, ma se improvvisamente ci troviamo con la cintura dei pantaloni slacciata, senza una applicazione da scaricare siamo ormai incapaci di sovvertire la forza di gravità che porterà i pantaloni a cadere per terra. Siamo sempre più dipendenti da una tecnologia che ci sta isolando, bisognosi di fare parte di una collettività virtuale che sublimi la perdita delle emozioni, quella passione che ci rende umani.

Una indagine del Daily Mail condotta su 2000 possessori di smartphone ci comunica che guardiamo il telefono 1500 volte a settimana e togliendo le ore di sonno sono 214 volte al giorno. Il picco avviene alle 7,31 del mattino, appena svegli, prima ancora di alzarci, prima della colazione, prima di andare in bagno e prima ancora di relazionarci con i famigliari. Per 3 ore e 16 minuti al giorno siamo impegnati a consultare il cellulare per un totale di 24 ore in una settimana, avremmo bisogno quindi dell’ottavo giorno per riuscire a mandare sms, mail, navigare in internet e consultare i social network.

Come riportato da Paolo Di Stefano in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera dell’11 ottobre 2014, siamo in presenza di un tempo né perso né guadagnato, semplicemente un tempo nuovo rispetto al secolo scorso. Il tempo che poteva essere impiegato in chiacchiere, lettura, ozio e tante altre attività di natura umana, ora è diventato un faccia a faccia con il display del cellulare per incamerare informazioni dal mondo, per informare ed essere informati.

La tecnologia fagocita i nostri dati, alimentando l’impulso a fagocitare a nostra volta qualsiasi informazione sia disponibile, creando un circolo vizioso nel quale ogni istante perdiamo pezzi di vita divenendo sempre meno umani, sempre meno disposti a vivere la passione di una esperienza che ci metta a nudo, senza avere sempre un filtro tecnologico che illusoriamente ci protegga.

Vogliono assimilarci facendoci passare in un tritacarne tecnologico così da renderci sempre meno umani. Queste sono forze aliene che stanno abbassando la frequenza umana per bypassare la nostra umanità, la stessa opera che compie il virus quando vuole impadronirsi della cellula così da dimorare in essa con la malattia che porta con sé.

Fonte: Articolo di Paolo di Stefano

Pubblicato sul Corriere della Sera dell’11 ottobre 2014

Fonte della foto: www.pinkdna.it