Fiumi d’inchiostro sono stati versati sul bisogno di comunicare in una coppia, e mai come ai nostri giorni viene reso possibile dalla tecnologia che ci viene in “aiuto”. Forse non comunichiamo nel modo giusto, o forse comunichiamo con la persona sbagliata, fatto sta che, secondo l’Associazione Avvocati Matrimonialisti, Whatsapp, un’applicazione per smartphone che consente di chattare con le persone che abbiamo nella nostra rubrica telefonica, viene citato in tribunale nel 40% dei casi di divorzio.
Si sa che a distruggere ci vuole meno tempo che a costruire, lo stesso dicasi per il separare piuttosto che unire e, partendo dallo spunto di questo articolo, risulta sempre più evidente che la tecnologia, quando è usata male, tende ad allontanare le persone, agendo come un filtro che non favorisce di certo un reale contatto con i propri sentimenti e emozioni.
La malattia insorge nella divisione, e in questo pianeta sempre più malato è sempre più evidente, tenendo conto anche del fatto che rendere le persone sempre più malate significa controllarle meglio. Ci controllano facendoci controllare l’un l’altro, alimentando il dubbio e la sfiducia, rendendo ogni pretesto una montagna troppo alta da scalare, inibendo la nostra vitalità, così da essere incapaci di esprimere quella forza che ci consenta di rimanere identificati in ciò che unisce, aldilà dell’imperfezione di ognuna delle parti in causa.
Siamo ormai vittime di spacciatori di presunta felicità che ci vogliono drogare, spacciatori di mondi virtuali nei quali smarrire la propria identità. La tecnologia non sarà mai in grado di unire i cuori, la nostra natura umana sì.